CENTRO STUDI RETAIL CONFIMPRESE Centro studi retail Confimprese. Stima aperture di nuovi punti vendita e chiusure 2021

L’analisi annuale del Centro studi retail Confimprese sui piani di apertura di nuovi esercizi commerciali mostra qualche segnale di ottimismo con una stima di 882 punti vendita in arrivo a fronte di 496 chiusure, dovute non solo al Covid ma anche all’eccessiva onerosità delle location. I piani di sviluppo si concentrano nell’abbigliamento, 238 negozi, e nella ristorazione con 191 locali.

Sul fronte consumatori, per 2 famiglie su 3 l’impatto della crisi sul reddito si conferma negativo o drammatico

Milano, 11 marzo 2021 – A un anno dallo scoppio della pandemia, il Centro studi retail Confimprese traccia il bilancio dell’andamento degli esercizi commerciali, piegati dalla recessione e dalle ristrettezze imposte dall’emergenza sanitaria, e registra il numero di nuove aperture e chiusure nel corso del 2021.

La lettura dei dati in corso è chiara: nel 2021 le imprese associate prevedono di chiudere 496 punti vendita in flessione di -3,8% vs 2020, ma stimano 882 aperture di nuovi esercizi commerciali (+6,7% vs 2020), di cui 320 diretti e 562 in franchising, che si conferma la formula distributiva maggiormente apprezzata dagli operatori retail. Considerando le previsioni relative al numero di punti vendita in chiusura emerge uno scenario cautamente ottimistico, in cui il saldo netto dei punti vendita Italia (882 aperture vs 496 chiusure) è positivo, pari a 386. Una percentuale molto alta di imprese, pari a oltre l’85%, conferma l’apertura di nuovi punti vendita.

«La crisi pandemica si è portata via il 50% delle aperture – afferma Mario Resca, presidente Confimprese –. Le misure restrittive adottate sinora nel corso dell’emergenza significano 117 giornate di chiusura e si sono tradotte in una contrazione del fatturato per ciascuna azienda nell’ordine del -40% rispetto al 2019, con una conseguente diminuzione del fatturato annuo complessivo pari a 55,64 miliardi e una perdita proporzionale del gettito tributario stimabile in 11-12 miliardi di euro. Tuttavia, la buona notizia c’è ed è confermata dall’arrivo di 882 nuovi punti vendita, segno che il retail ha voglia di ripartire e di intercettare il desiderio di ritorno alla normalità degli italiani».

Chiusure: analisi delle motivazioni

Un’azienda su 2 dichiara di chiudere punti vendita nel corso del 2021.  Lo studio Confimprese sottolinea un aspetto importante nell’evoluzione dello scenario distributivo, che permette di evidenziare come la pandemia non sia tra le sole cause che hanno costretto i retailer alla chiusura di 496 esercizi commerciali. Se il 34% punta il dito contro l’emergenza Covid e i mancati ricavi, il 26,8% lamenta l’eccessiva onerosità delle location. Una spina nel fianco, quest’ultima, su cui Confimprese si è battuta nell’anno della pandemia siglando due accordi consecutivi con il gruppo Finiper, che ha garantito alle imprese associate sia la sospensione dei canoni d’affitto per due mesi nel 2020 e altrettanti nel 2021, sia un significativo contenimento delle spese di gestione nei centri commerciali di sua proprietà. L’analisi evidenzia, inoltre, che il 24,4% dichiara la chiusura a seguito di un processo di razionalizzazione della rete già in corso da anni, il 7,3% indica come motivazione la scadenza del contratto con il franchisee, mentre il 2,4% indica la scadenza del contratto dell’immobile commerciale.

Aperture: analisi per settori merceologici

Nell’analisi per settori merceologici l’abbigliamento è al primo posto per nuove aperture con un totale di 238. Segue la ristorazione con una stima prevista di 191 nuovi locali. Il comparto casa e complementi d’arredo ha buone prospettive di crescita, dovute anche alla necessità imposta da un anno di pandemia di lavorare in smart working e alla ritrovata voglia di abbellire gli ambienti domestici. Il settore prevede 133 aperture.

Nel comparto salute e benessere apriranno 38 punti vendita, i nuovi store nell’elettronica di consumo sono 37, nei servizi 33, nell’entertainment 29, altro non food (immobiliare e bricolage) 183.

Quanto alla divisione tra aperture dirette e in franchising, il quadro è netto: nei settori abbigliamento e accessori, casa e complementi di arredo e immobiliare prevale la formula franchising, mentre nella ristorazione si aprono punti vendita diretti.

Aperture: analisi per aree geografiche

Un ultimo segnale di rilievo sui piani di apertura/chiusura arriva dall’analisi per aree geografiche, in cui si evidenzia un forte divario tra il Nord e il resto dell’Italia. Un’evidenza della forbice che da sempre divide il Paese anche nello sviluppo delle reti distributive.

Il 46,4% dei nuovi negozi in arrivo è concentrato al Nord, il 27,2% al Centro e il 26,3% al Sud e Isole. Analogamente in termini di chiusure la metà pari al 51,1% si sono registrate al Nord, il 27,4% al Sud e Isole e il 21,5% al Centro.

Benchmark totale mercato 2021 vs 5 anni precedenti

Il Rapporto 2021 di Confimprese fa il punto non solo sull’anno appena terminato, che ha influenzato pesantemente i consumi, ma traccia il benchmark sugli ultimi 5 anni. La curva delle aperture dal 2015 al 2019 è sempre stata incrementale – 735 nel 2015, 928 nel 2016, 1100 nel 2017, 1000 nel 2018 – e ha guadagnato su base annua sempre qualche punto percentuale per subire una battuta d’arresto nel 2019 (822 aperture) quando, con la flessione dei consumi già in atto soprattutto nel secondo semestre, si è registrata una flessione del -20% vs 2018.

Consumatori: per 2 famiglie su 3 l’impatto della crisi sul reddito si conferma negativo o drammatico. Il 32,7% non è andato al ristorante dall’inizio della pandemia

Le rilevazioni sul fronte consumatori del Termometro Innovation Team-Cerved per Confimprese segnalano persistenti conseguenze dell’emergenza sanitaria sull’economia familiare: per 2 famiglie su 3 l’impatto della crisi sul reddito si conferma negativo o drammatico, dato che si è mantenuto pressochè stabile negli ultimi mesi.

Rimane elevato anche il pessimismo sui prossimi mesi: il 38,7% si dichiara più sfiduciato rispetto a un mese fa mentre si allontana sempre di più la prospettiva di un ritorno alla normalità in tempi brevi. Solo il 18,9% si aspetta che questo accada entro la fine dell’anno mentre per 6 su 10 una vita simile a quella pre pandemica ci sarà non prima del 2022.

Gli acquisti prima del Covid vedevano il centro città come luogo elettivo per ristoranti e centri di bellezza, frequentati sempre o abbastanza spesso rispettivamente dal 55,3% e dal 47,1% delle famiglie. I centri commerciali erano invece scelti per lo shopping sia per beni non durevoli come abbigliamento, accessori, oggettistica per la casa sia per quelli durevoli. Dall’inizio della pandemia è calata in maniera importante la frequentazione dei punti di vendita fisici: 1 su 3 non è mai andato al ristorante e non ha fatto acquisti di beni durevoli mentre circa il 20% non ha mai fatto acquisti di abbigliamento o altri beni non durevoli in negozio. Il calo dei consumi è in parte attutito dal ricorso all’online, soprattutto per abbigliamento e accessori, ristoranti ma anche mobili ed elettronica.

Cambiano anche le abitudini legate alla permanenza nei negozi: il 72,9% si ferma per meno tempo di prima e solo il 18,5% ha mantenuto le abitudini precedenti. La sensazione di sicurezza e il rispetto delle norme anti Covid emergono come driver importanti nella scelta di dove fare gli acquisti, affiancandosi al più tradizionale rapporto qualità prezzo.